Lucky Luciano
RICORDAMI
11/11/1896
26/01/1962
Personaggio storico - Charles Luciano
Lucky Luciano, all'anagrafe Charles Luciano, nato Salvatore Lucania (Lercara Friddi, 11 novembre 1896 – Napoli, 26 gennaio 1962), è stato un criminale italiano, legato alla cosiddetta "Cosa nostra statunitense".
Salvatore Lucania assunse legalmente, negli Stati Uniti d'America, il nome di Charles Luciano, e successivamente il... [Leggi tutto]Lucky Luciano, all'anagrafe Charles Luciano, nato Salvatore Lucania (Lercara Friddi, 11 novembre 1896 – Napoli, 26 gennaio 1962), è stato un criminale italiano, legato alla cosiddetta "Cosa nostra statunitense".
Salvatore Lucania assunse legalmente, negli Stati Uniti d'America, il nome di Charles Luciano, e successivamente il soprannome "Lucky", cioè "fortunato". Tale soprannome gli venne attribuito in seguito ad un fatto accaduto il 16 ottobre 1929: alcuni uomini non identificati lo accoltellarono più volte e lo lasciarono in una spiaggia di Staten Island con la gola squarciata, credendolo morto, ma Luciano si salvò, e da allora venne chiamato «Lucky», il fortunato.
È considerato il padre del moderno crimine organizzato nonché uno dei protagonisti della massiccia espansione del commercio di eroina nel secondo dopoguerra. È stato un potente boss dell'attuale Famiglia Genovese. Il Time Magazine ha inserito Luciano tra i 20 uomini più influenti del XX secolo.
Primi anni.
Salvatore Lucania nacque a Lercara Friddi, un paesino della provincia di Palermo, principalmente noto per le sue miniere di zolfo, il 24 novembre del 1897, figlio di Antonio Lucania e di Rosalia Capporelli. Nel 1905 emigrò con la propria famiglia negli Stati Uniti d’America, stabilendosi ad Ellis Island (nel New Jersey), dove al piccolo Salvatore venne diagnosticata la Variola vera, una forma di vaiolo che lo segnerà per tutta la vita.
Trasferitasi poi a New York l'anno successivo, la famiglia Lucania trovò alloggio nel Lower East Side, ai margini del quartiere ebraico, presso il 265 E di 10th Street, dove però vivevano in condizioni precarie. Fu qui che Lucania conobbe il giovane Meyer Lansky, con cui fondò una banda dedita al bullismo nei confronti dei compagni di classe e all'estorsione di un penny ogni giorno come “protezione” accordata da lui stesso e dalla sua banda.
Nel 1907 Lucania venne condannato a quattro mesi di riformatorio per taccheggio mentre, all'età di diciotto anni, venne condannato a sei mesi di riformatorio per possesso illegale di eroina e morfina, di cui era a un tempo consumatore e spacciatore. Appena rilasciato, si unì alla banda criminale dei Five Points Gang, sotto la guida del gangster Johnny Torrio, dove conobbe Frank Costello e Al Capone. Fu in questo periodo che Lucania decise di "americanizzare" il proprio nome in Charles Luciano, poiché Salvatore gli sembrava un nome da donna. Nel 1917 Luciano venne chiamato alle armi per combattere nella Prima guerra mondiale, ma riuscì ad evitare il fronte facendosi contagiare volontariamente dalle infezioni da clamidia.
Nel 1920 Luciano passò al servizio del gangster ebreo Arnold Rothstein, insieme a Meyer Lansky, Frank Costello, Bugsy Siegel, Dutch Schultz e Jack "Legs" Diamond. Approfittando del Proibizionismo, Luciano e gli altri fornirono alcolici ai "speakeasies" di Manhattan, grazie ai loro contatti che gli permettevano di scaricare le bevande alcoliche dalle navi nel porto di New York. Inoltre Luciano aveva iniziato ad occuparsi dello sfruttamento della prostituzione e del gioco d'azzardo, gestendo bische e bordelli a basso costo a Manhattan insieme al socio Joe Adonis. Nell'ambiente della prostituzione in particolare, Luciano iniziò ad essere conosciuto con il nomignolo di «infame», affibbiatogli dalle ragazze da lui sedotte e avviate alla prostituzione dopo averle rese dipendenti dall'eroina. In questi anni Luciano venne più volte arrestato per rapina, aggressione, possesso illegale di stupefacenti e detenzione di armi illegali ma venne sempre rilasciato perché le accuse decaddero.
Per via dei suoi contatti con i "bootleggers" ebrei ed irlandesi, Luciano venne assoldato dal mafioso siciliano Giuseppe "Joe" Masseria, detto «Joe the boss», esponente di punta della "Mano Nera"; ciò avvenne nonostante Luciano fosse considerato un "disonorato" dagli altri mafiosi siciliani perché implicato nello sfruttamento della prostituzione, attività da loro considerata disonorevole. Nel 1922, come killer, Luciano prese parte all'assassinio del gangster Umberto Valenti, acerrimo nemico di Joe Masseria; durante il conflitto a fuoco in cui fu ucciso Valenti, fu colpita anche una bambina di otto anni, che rimase ferita.
Nel maggio 1929 Luciano partecipò ad un incontro ad Atlantic City insieme a Frank Costello, Joe Adonis e Johnny Torrio, a cui erano presenti gangster italiani ed ebrei, che concordarono strategie comuni per una divisione del contrabbando di alcolici e gettarono le basi per la creazione di un "Sindacato nazionale del crimine". Il 16 ottobre 1929, Luciano venne prelevato da alcuni uomini non identificati, che lo picchiarono e accoltellarono più volte con un punteruolo da ghiaccio, lasciandolo per morto su una spiaggia di Staten Island con la gola tagliata da un orecchio all'altro. Luciano venne scoperto da un agente di polizia e portato in ospedale, dove si riuscì a salvarlo, ma si rifiutò di rivelare l'identità dei suoi assalitori per non trasgredire al codice dell'omertà. Fu proprio in virtù della sua prodigiosa sopravvivenza che Luciano fu soprannominato «Lucky», cioè "fortunato".
L'ascesa al potere.
La guerra castellammarese del 1930-31 tra Joe Masseria e Salvatore Maranzano, capo della fazione opposta, era un anatema per Luciano perché danneggiava il regolare svolgimento degli affari illeciti. Per queste ragioni Luciano organizzò l'assassinio di Joe Masseria: il 15 aprile 1931 al ristorante Scarpato's, a Coney Island, Masseria pranzò con Luciano, il quale si alzò per andare al gabinetto pochi istanti prima che una squadra di killer, formata da Bugsy Siegel, Vito Genovese, Joe Adonis e Albert Anastasia, entrasse e uccidesse Masseria.
Tolto di mezzo il suo capo, Luciano cercò la pace con Maranzano, il quale si fece eleggere «capo dei capi» dagli altri boss e passò le attività criminali del defunto Masseria a Luciano come premio. Poco tempo dopo però Maranzano pianificò l'assassinio dello stesso Luciano, a causa dei suoi stretti legami con gangster non-siciliani, e assunse il killer Vincent "Mad Dog" Coll per eliminare Luciano e Vito Genovese. Il 10 settembre 1931 Maranzano convocò Luciano e Genovese nel suo ufficio a Park Avenue ma, al loro posto, si presentarono quattro killer ebrei travestiti da agenti del Fisco, i quali pugnalarono Maranzano e lo finirono a colpi di pistola; in realtà i killer ebrei erano stati assoldati da Meyer Lansky e da Luciano, che si era accordato con il mafioso siciliano Gaetano Lucchese, il quale si trovava nell'ufficio per condurre i killer a Maranzano.
Una leggenda della malavita vuole che, subito dopo la morte di Maranzano, Luciano ordinò lo sterminio di circa novanta mafiosi siciliani da un capo all'altro degli Stati Uniti, i quali facevano parte delle fazioni Masseria-Maranzano ed erano spregiativamente detti «teste unte» o «Moustache Petes» per via della loro arretratezza; però questa campagna di sterminio, che venne chiamata "notte dei Vespri siciliani", è considerata un mito da molti storici.
Dopo l'uccisione di Maranzano, Luciano divenne il principale boss della criminalità organizzata negli Stati Uniti ma rifiutò il titolo di «capo dei capi», che abolì; al suo posto creò un apposito organismo, denominato "Commissione", il cui compito era quello di governare gli affari della «Cosa Nostra» ed era composta dalle Cinque Famiglie di New York, dalla Chicago Outfit di Al Capone e dalla Famiglia di Buffalo di Stefano Magaddino, in rappresentanza delle altre Famiglie minori degli Stati Uniti. Inoltre Luciano autorizzò gli altri boss a collaborare con gangster non-siciliani e non-italiani per formare quello che sarebbe stato soprannominato "Sindacato nazionale del crimine", che sarebbe servito per controllare il contrabbando di alcolici e stupefacenti, la prostituzione, il gioco d'azzardo, i sindacati del porto di New York e l'industria dell'abbigliamento. In seno alla sua nuova «Famiglia», Luciano affiliò i suoi luogotenenti napoletani e calabresi nonostante non fossero siciliani e li elevò in posizioni di comando: Vito Genovese divenne il vicecapo mentre Frank Costello fu nominato "consigliere" insieme a Meyer Lansky e Johnny Torrio, che però ricoprivano il ruolo in veste non ufficiale perché erano esterni a «Cosa Nostra».
La caduta e l'esilio.
All'apice del potere, Luciano viveva in una suite di lusso al Waldorf-Astoria Hotel registrato con il falso nome di Charles Ross ed amava indossare abiti costosi ed eleganti; frequentava i night club più esclusivi e costosi in compagnia di belle donne ed era amico del cantante Frank Sinatra e dell'attore George Raft.
Però nel 1935 Thomas E. Dewey venne nominato procuratore speciale di New York per indagare sul gangsterismo; egli infatti, dopo aver indagato sul gangster Dutch Schultz (che finì assassinato poco tempo dopo), puntò su Luciano, definendolo "lo zar della criminalità organizzata di New York". Per queste ragioni, Luciano fuggì a Hot Springs, in Arkansas, ma venne arrestato il 1º aprile 1936 per sfruttamento della prostituzione e riportato a New York; infatti numerose prostitute fatte arrestare in una retata da Dewey nel febbraio 1936 avevano dichiarato che Luciano era a capo di un "Sindacato del crimine", formato da gangster italiani ed ebrei, che imponeva il pagamento della "protezione" sui bordelli di New York. Luciano negò tutte le accuse ma il 5 giugno 1936 venne condannato dai trenta ai cinquant'anni di carcere e trasferito nel penitenziario di Dannemora, nello Stato di New York. Anche dalla prigione, Luciano continuò a gestire la sua Famiglia attraverso Vito Genovese. Tuttavia nel 1937 Genovese dovette fuggire dagli Stati Uniti per evitare un'accusa di omicidio e così Frank Costello divenne il nuovo capo effettivo e supervisore degli interessi di Luciano.
La carcerazione e la presunta collaborazione allo sbarco degli Alleati in Sicilia.
Nel 1942 gli ufficiali del servizio informazioni della Marina degli Stati Uniti contattarono Luciano in carcere su raccomandazione di Joseph "Socks" Lanza, il boss dei sindacati del porto di Manhattan. Infatti Luciano offrì il suo aiuto per indagare sul sabotaggio di diverse navi nel porto di Manhattan, tra cui la SS Normandie, un transatlantico francese che prese fuoco e affondò nelle acque dello Hudson, di cui furono sospettate alcune spie naziste infiltrate tra i portuali; in cambio della sua collaborazione, Luciano venne trasferito nel carcere di Sing Sing, dove venne interrogato dagli agenti del servizio informazioni della Marina. È quasi certo che la collaborazione di Luciano con il governo statunitense sia finita qui ma esistono fonti che affermano che successivamente venne arruolato per facilitare lo sbarco alleato in Sicilia (luglio 1943) tramite i suoi contatti con mafiosi siciliani e consegnò ai servizi americani una lista di nomi da contattare in Sicilia, ma alcuni storici lo liquidano come un mito. Dopo lo sbarco in Sicilia, però, a Napoli il suo luogotenente Vito Genovese fu l'aiutante e interprete del comandante militare degli affari civili dell'AMGOT, Charles Poletti. Il 3 gennaio 1946, Thomas E. Dewey, diventato governatore dello Stato di New York, graziò Luciano per i servigi resi alla Marina, a condizione che lasciasse gli Stati Uniti per stabilirsi in Italia; il 10 febbraio, Luciano fu estradiato dal porto di New York a opera del servizio statunitense di immigrazione e imbarcato sulla nave Laura Keene, che arrivò a Napoli il 27 febbraio. Luciano stabilì il suo domicilio a Roma, ma soggiornò a Palermo, presso il Grand Hotel et des Palmes, dove numerosi membri del separatismo siciliano e boss mafiosi erano soliti rendergli visita.
La conferenza dell'Avana.
Nel giugno 1946, Luciano soggiornò in Brasile, Colombia e Venezuela per trasferirsi poi a L'Avana, dopo avere ottenuto i documenti necessari per l'espatrio dall'Italia dal sindaco di Villabate Francesco D'Agati, noto esponente mafioso. A Cuba s'incontrò con Meyer Lansky, con cui acquistò una partecipazione per la gestione dell'Hotel Nacional e di un casinò a L'Avana, insieme al loro socio occulto, il presidente cubano Fulgencio Batista.
Il 22 dicembre 1946, presso l'Hotel Nacional, Luciano ricevette i delegati delle maggiori Famiglie degli Stati Uniti e del "Sindacato ebraico", i quali gli regalarono buste contenenti denaro per il suo ritorno dall'Italia; il motivo apparente della festa di gala era quello di vedere cantare Frank Sinatra, che era stato invitato perché amico di Luciano, ma la vera ragione era quella di discutere di affari proprio con Luciano. Infatti, durante la "conferenza", i boss organizzarono il traffico degli stupefacenti, stabilendo la base per lo smistamento proprio a Cuba, e discussero in merito al gangster Bugsy Siegel, che doveva restituire ai boss il denaro impiegato nella costruzione dell'Hotel Flamingo a Las Vegas, che però non dava garanzie economiche; Meyer Lansky, che credeva ancora che Siegel poteva realizzare un profitto a Las Vegas e restituire il denaro ai boss, convinse gli altri a dargli un'altra possibilità, ma qualche tempo dopo anche questa si vanificò: il 20 giugno 1947 Siegel venne assassinato nella sua villa di Los Angeles a colpi di carabina M1.
Nel febbraio 1947, Harry J. Anslinger, capo del Federal Bureau of Narcotics, inviò una richiesta formale al governo cubano per l'espulsione di Luciano, minacciando a nome del governo statunitense l'embargo per tutte le forniture di farmaci; il 20 marzo Luciano venne espulso da Cuba e imbarcato sul piroscafo turco “Bakir”, che doveva riportarlo in Italia.
Il 12 aprile 1947 Luciano arrivò a Genova a bordo del “Bakir” e venne portato al carcere di Marassi, per poi essere trasferito al carcere dell'Ucciardone di Palermo scortato da cinque carabinieri. Rimesso in libertà il 14 maggio, Luciano si stabilì prima a Capri e poi a Napoli.
Nel 1949 Luciano fu tra i denunciati per concorso nel traffico di 7 kg di eroina e 2 kg di cocaina, sequestrati all'aeroporto di Ciampino nelle mani del mafioso americano Charles Vincent Trupia, membro della Famiglia Lucchese di New York, ma ne uscì indenne: infatti la questura di Roma produsse soltanto un foglio di via obbligatorio per Luciano, proibendogli di soggiornare a Roma. Nel giugno 1951 furono denunciati Francesco "Frank" Callace e Giuseppe "Joe" Pici, anche loro membri della Famiglia Lucchese, per il traffico di 17 kg di eroina insieme ai mafiosi siciliani Salvatore Vitale e Francesco Lo Cicero; Luciano venne incluso nel rapporto di denunzia ma ne uscì indenne anche questa volta. Inoltre Callace e Pici vennero accusati di avere incettato quantitativi di eroina e morfina prodotti illegalmente da due ditte farmaceutiche rette dal professor Guglielmo Bonomo e da altre ditte di Milano e Genova e nel 1952 vennero implicati nel caso della ditta farmaceutica Schiapparelli di Torino, dove il direttore Migliardi era riuscito a deviare dalla produzione ufficiale 250 kg di eroina; ciò era avvenuto per via dei contatti che Luciano aveva iniziato con i direttori delle ditte farmaceutiche dell'Italia settentrionale, che con lui intrattennero rapporti di amicizia e reciproca considerazione.
Inoltre nel 1949 Luciano creò una fabbrica di confetti e dolciumi a Palermo, che venne intestata ad un suo cugino e al mafioso siciliano Calogero Vizzini, la quale riuscì ad esportare confetti in Germania, Francia, Irlanda, Canada, Messico e Stati Uniti; però l'11 aprile 1954 il quotidiano Avanti! pubblicò un articolo che denunciava che nei confetti prodotti nella fabbrica di Luciano «due o tre grammi di eroina potevano prendere il posto della mandorla». Quella notte stessa, la fabbrica venne chiusa e i macchinari smontati e portati via. Nello stesso anno le autorità italiane revocarono il passaporto a Luciano per questioni di pubblica sicurezza, su consiglio di Charles Siragusa, agente del Federal Bureau of Narcotics che indagava sulle attività del boss in Italia.
Dal 12 al 16 ottobre 1957 Luciano partecipò ad una serie di incontri che si tennero presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo tra mafiosi americani (Joseph Bonanno, John Bonventre, Carmine Galante, Frank Garofalo, Santo Sorge, Vito Vitale e John Di Bella, esponente della Famiglia Genovese di New York e parente dei fratelli Pietro e Antonino Sorci, capi della cosca di Villagrazia[49], e, al pari di costoro, amico di Luciano) e siciliani (Gaspare Magaddino, Cesare Manzella e Giuseppe Genco Russo): gli inquirenti dell'epoca sospettarono che si incontrarono per concordare l'organizzazione del traffico degli stupefacenti, dato che la rivoluzione castrista a Cuba (tra il 1956 e il 1959) stava rischiando di privare i mafiosi siciliani ed americani di quell'importante base di smistamento per l'eroina.
Nel 1958 il Federal Bureau of Narcotics chiese la collaborazione della Guardia di finanza per controllare il mafioso Nick Gentile, il quale era sospettato di traffico di stupefacenti in collegamento con Luciano, con il quale mantenne contatti perché anche lui residente in Italia, ma non emerse alcuna prova sufficiente.
Vita privata.
Dopo la deportazione in Italia, Charlie Luciano si innamorò di Igea Lissoni, una ballerina italiana bionda e dagli occhi azzurri, che aveva 20 anni meno di lui. Vissero assieme, seppur in modo travagliato per i continui spostamenti di Luciano, che per motivi di sicurezza cambiava continuamente alloggio, finché non si trasferì definitivamente a via Tasso, nota strada napoletana. Di lì a poco, Igea morì di cancro. Non ci sono prove che attestino che i due fossero sposati: qualora così fosse, il matrimonio sarebbe avvenuto di nascosto. Ma non c'è dubbio che Luciano fu molto provato dalla morte di lei, visto che iniziò subito dopo l'avvenimento a meditare propositi di ritornare in America.
Altro amore disinteressato di Charlie "Lucky" Luciano fu un doberman nano femmina, che chiamò Bambi, come l'omonimo cartone animato della Disney.
Nel 1960, Ian Fleming, creatore del celebre agente segreto britannico James Bond, intervistò Lucky Luciano durante una sua visita a Napoli, questa volta in veste di corrispondente per il Sunday Times, impegnato nel giro delle Thrilling Cities (le città più "avventurose") d'Europa.
Morte.
Poco dopo la morte di Igea, Charlie fu contattato da un produttore cinematografico, interessato a girare un film sulla sua vita. Si diedero appuntamento all'Aeroporto di Napoli-Capodichino, il 26 gennaio del 1962, ma lì Charlie ebbe un infarto e morì, a 64 anni. Il suo corpo fu seppellito al Saint John's Cemetery nel distretto del Queens.
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